Eccoci al quinto episodio.
Sagrin ha un problema con la sua Marea e un peso sul cuore.
Oggi conosciamo un nuovo personaggio. Uno che ha perso qualcosa per strada, ma ha trovato altro.
La storia si infittisce.
Buona lettura.
Per i nuovi lettori, a questo link potete trovare tutti gli episodi in ordine di pubblicazione:
Padre Pellegrino
Sagrin attraversò Parella e Pozzo Strada con l’auto che strisciava pericolosamente sui cerchioni, generando una cacofonia di rumori metallici e una pioggia di scintille che fece voltare un paio di anziani seduti al bar.
L’odore di gomma bruciata invadeva l’abitacolo, mescolandosi al profumo stantio di liquirizia e tabacco freddo.
Finalmente raggiunse Santa Rita, dove in un interno cortile anonimo si trovava l’officina di Padre Pellegrino.
Lo spazio un tempo ospitava una palestra di pelota basca, sport che i torinesi avevano ostentato di apprezzare per due stagioni prima di destinarlo ad un oblio definitivo.
Padre Pellegrino indossava ancora la tonaca, macchiata di olio motore e grasso per cuscinetti.
Diceva messa la domenica mattina per quattro vecchiette che avevano visto tempi migliori, poi passava il resto della settimana a smontare motori con devozione monastica.
Il detective entrò nella rimessa e lo intravide alle prese con la carcassa di una Fiat Punto in avanzato stato di decomposizione.
Nonostante l’aria triste e malinconica del prete, Sagrin si sorprese a riconoscere un moto di sollievo nel vederlo: Pellegrino riscattava con la sua presenza l’infinita lista di cialtroni che popolavano Torino.
Il prete notò la sagoma imponente del detective all’ingresso, lasciò la Punto e si avvicinò con passo tremolante, asciugandosi le mani su uno straccio unto.
Sagrin lo osservò avvicinarsi e pensò che più che un uomo sembrava ogni giorno di più una conchiglia svuotata del suo contenuto.
Le spalle curve, le mani che tremavano appena, gli occhi che guardavano sempre un punto poco più in basso dello sguardo altrui.
«Detective, vedo che qualcuno ha reso omaggio alla sua fedele Marea. Un vero artista del coltello.»
Sagrin scosse la testa. «Padre, le garantisco che ci sono più criminali fuori dalle Vallette che dentro. Ma lasciamo perdere, non sono qui per filosofare.»
Agguantò il suo fedele taccuino e cominciò a scarabocchiare sovrappensiero.
Chi lo conosceva bene, e Pellegrino rientrava in questa ristretta cerchia, era avvezzo alla sua necessità di sorvolare sul reale per perdersi nella cellulosa.
«Ad ogni modo, detective, oggi è un giorno fortunato per la sua auto. La riporterò a nuovo, come il primo giorno al concessionario.»
«Non che fosse una bellezza neanche il primo giorno,» borbottò Sagrin.
Pellegrino sparì sotto la Marea con il carrellino cigolante. Si sentì il rumore metallico degli attrezzi.
«Già che ci sono, le monto quei cerchioni da 17 pollici. Glieli avevo messi da parte.»
Sagrin non rispose. Continuava a scarabocchiare sul taccuino, il volto più cupo del solito.
Pellegrino riemerse da sotto l’auto, pulendosi le mani. Guardò il detective e capì.
«Non è qui solo per le gomme, vero?»
Sagrin sollevò lo sguardo dal foglio. Esitò un momento, masticando il bastoncino di liquirizia.
«Padre... lei crede nella vita dopo la morte?»
«Come tutti i preti, detective. È nel contratto.»
«E se le dicessi che non parlo di aldilà, resurrezione, tutte quelle fesserie. Parlo di morti che camminano. Che parlano.»
Pellegrino si fermò. Posò lo straccio unto sul banco, lentamente.
«Allora direi che ha un problema serio, Sagrin. E probabilmente non sono io quello che può aiutarla.»
«Invece sì.» Sagrin chiuse il taccuino. «Perché lei è l’unico prete che conosco che non crede più in Dio.»
Pellegrino non rispose subito. Tornò a pulirsi le mani sullo straccio, anche se erano già pulite.
«Vede, detective, Dio è una bella idea. Ma poi ti ritrovi a cinquant’anni in una tonaca macchiata d’olio a dire messa per quattro gatti che vengono solo perché c’è il riscaldamento. Da giovane sentivo un fuoco dentro, credevo di poter cambiare qualcosa. Ma Dio non si è mai presentato alla mia porta, e io ho smesso di aspettarlo.»
«Forse meglio così,» disse Sagrin. «Gli ospiti a volte possono essere una vera scocciatura.»
Pellegrino sorrise appena, un sorriso stanco.
«Nelle auto ho trovato una seconda casa. Gli oggetti per me hanno una vita. Una macchina ha un’anima tanto quanto un uomo, forse anche di più. Almeno lei non mente e non promette salvezze che non può mantenere.»
Accarezzò il fianco della Marea, come si accarezza un cane. Poi appoggiò la fronte contro la lamiera fredda, per un momento che sembrò durare un’eternità.
Sagrin annuì lentamente, masticando il bastoncino di liquirizia. Rimase in silenzio per un momento, osservando Pellegrino che tornava a lavorare sotto la Marea.
Il rumore metallico degli attrezzi riempiva la rimessa.
Sagrin si accorse che anche lui, come Pellegrino, aveva bisogno di credere in qualcosa di solido. Anche se fosse solo una Marea color melanzana con i cerchioni distrutti.
Poi aprì di nuovo il taccuino, e nei suoi occhi tornò un lampo di quella meraviglia che aveva imparato a nascondere.
«Padre, forse lei non potrà aiutarmi con i morti, ma almeno dia un’occhiata al mio disegno. Ci sono tutta una serie di gadget che mi piacerebbe avere sulla mia Marea: rivestimento antiproiettile, sedile eiettabile, cannoni di varie forme e dimensioni, e già che c’è mi metta anche un propulsore.»
Sagrin si lasciò scappare un sorriso che profumava ancora di infanzia.
«Farò del mio meglio, ma credo si dovrà accontentare di un cambio d’olio e una lucidata ai fanali.»
I due amici si congedarono. Sagrin uscì dalla rimessa con la Marea che ruggiva come non faceva da mesi, i cerchioni nuovi che brillavano sotto il sole pallido di Torino.
Tornò sul campo, pronto ad affrontare la seduta spiritica prevista pochi giorni dopo.




